Sumario: | È il 1517 quando Giulio II, morto pochi anni prima, torna in scena come protagonista di un pamphlet semiclandestino. Ben presto il libello fa il giro di mezza Europa: l'immagine parodistica del Pontefice - irascibile, arrogante, cinico e privo di vera fede - mentre dialoga con un San Pietro che lo respinge dal Paradiso, è divertentissima, pungente, e con le debolezze del personaggio coglie anche quelle di una Chiesa da tempo asservita al potere. Se il soggetto è celebre, però, l'autore del "Giulio" vuole restare anonimo. Soprattutto quando i luterani lo innalzano a manifesto anticuriale. Più volte chiamato in causa, Erasmo negò fino alla morte ogni legame con il "Giulio". Eppure, come dimostra nel suo saggio introduttivo Silvana Seidel Menchi, non sono indizi, ma prove quelle che permettono di risalire alla paternità dell'opera. Questa nuova edizione, accompagnata dal testo latino e da un denso apparato di note, ricostruisce la storia del "Giulio" nella cultura dell'epoca, e dimostra due cose: che a scriverlo è stato Erasmo da Rotterdam, e che si tratta di un capolavoro.
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