Miguel Ángel Fiorito una riflessione sulla religiosità popolare nell'ambiente di Jorge Mario Bergoglio

Durante gli anni di formazione di Jorge Mario Bergoglio, nella Provincia argentina della Compagnia di Gesù fu fondato il «Centro di spiritualità» e, fin dall’inizio, il Boletín de Espiritualidad è stato l’organo di diffusione del materiale per la riflessione spirituale e teologica. La figura di p....

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Detalles Bibliográficos
Autor principal: Narvaja, José Luis (-)
Formato: Artículo
Idioma:Italiano
Ver en Red de Bibliotecas de la Archidiócesis de Granada:https://catalogo.redbagranada.es/cgi-bin/koha/opac-detail.pl?biblionumber=491075
Descripción
Sumario:Durante gli anni di formazione di Jorge Mario Bergoglio, nella Provincia argentina della Compagnia di Gesù fu fondato il «Centro di spiritualità» e, fin dall’inizio, il Boletín de Espiritualidad è stato l’organo di diffusione del materiale per la riflessione spirituale e teologica. La figura di p. Miguel Ángel Fiorito (1916-2005) è centrale in questo ambiente. Il suo rigore intellettuale e l’equilibrio del suo pensiero hanno rappresentato una guida per l’azione della Provincia negli anni successivi al Vaticano II e alla sua ricezione in America Latina. Fu in quel periodo che ebbe origine la riflessione sulla «religiosità popolare» che, nell’arco di poco più di 10 anni, si cristallizzò nella cosiddetta «teologia della cultura». A partire dall’esperienza pastorale fatta nelle parrocchie dell’interno del Paese e della periferia di Buenos Aires, il gruppo di gesuiti guidati da p. Fiorito produsse infatti una serie di articoli riguardanti il «popolo fedele», il valore delle sue espressioni, la sua ermeneutica (la sua coscienza), la sua fede. «La teologia del popolo» non deve considerare (in modo ideologico ed equivoco) il popolo come «oggetto» di studio, ma come «soggetto»: è il suo modo di vivere la fede e di creare una cultura che deve essere il punto di partenza del pensiero. Fiorito presenta queste riflessioni chiarendo tre nuclei fondamentali: l’unità della Chiesa, che non è divisa in una «Chiesa dei poveri» contro quella dei ricchi, «né in una “Chiesa popolare” contro una “Chiesa colta”, perché anche il popolo ha una sua cultura»; una visione realistica del popolo di Dio, che esclude quelle romantiche e divisive; il concreto universale, per cui dalla concretezza particolare (della Chiesa universale) si raggiunge l’universalità (che si è concretizzata nel particolare). Nella personale riflessione di Fiorito sulla religiosità popolare ci sono due temi: 1) La sfida spirituale è mantenere la tensione tra la vocazione eterna del battesimo e la vocazione storica concreta. Si tratta di due dimensioni della propria esistenza, cioè di dover unificare la propria coscienza; questo «non è un problema individuale, ma comunitario ed ecclesiale». 2) Alla base dell’azione pastorale c’è il compito della «lettura dei segni dei tempi» tra cui uno è proprio la religiosità popolare. Non si tratta di una visione populista, né di un interesse folcloristico per le espressioni religiose, ma piuttosto di un «segno» del piano di Dio, fondato teologicamente. Le caratteristiche di tale riflessione mostrano un primo nucleo teologico e pastorale che riconosciamo facilmente in papa Francesco. Anche i «quattro principi» sui quali si struttura l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, sono frutto di quella riflessione di gruppo: Bergoglio li espose in una loro prima formulazione già nel suo discorso di apertura della XIV Congregazione provinciale, il 18 febbraio 1974.