Rendere più cinese il cristianesimo? prospettive pastorali

Con la relazione di Xi Jinping, all’inizio del XIX Congresso del Partito comunista cinese (Pcc), nell’ottobre 2017, le autorità cinesi hanno ufficialmente chiesto alle tradizioni religiose presenti sul loro territorio di «sinizzarsi» (zhongguohua), ossia «avere un orientamento cinese». È chiaro che...

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Detalles Bibliográficos
Autor principal: Vermander, Benoît (-)
Formato: Artículo
Idioma:Italiano
Ver en Red de Bibliotecas de la Archidiócesis de Granada:https://catalogo.redbagranada.es/cgi-bin/koha/opac-detail.pl?biblionumber=491047
Descripción
Sumario:Con la relazione di Xi Jinping, all’inizio del XIX Congresso del Partito comunista cinese (Pcc), nell’ottobre 2017, le autorità cinesi hanno ufficialmente chiesto alle tradizioni religiose presenti sul loro territorio di «sinizzarsi» (zhongguohua), ossia «avere un orientamento cinese». È chiaro che questo non vuol dire semplicemente sviluppare un rituale locale e una prospettiva dottrinale, ma in primo luogo aderire a una definizione di cultura cinese di natura politica. Questa richiesta ha coinciso con l’applicazione di regole più restrittive della pratica religiosa e, più in generale, con una nuova accentuazione del ruolo di guida del partito in tutti gli aspetti della vita sociale e culturale. Si può capire, dunque, perché tale richiesta incontri la resistenza di settori religiosi. Nessuna religione può diventare un mero strumento dell’apparato politico. Ma si deve considerare anche un secondo aspetto: le Chiese cristiane non dovrebbero trascurare l’appello a «sinizzarsi» solamente perché proviene dal governo. Il contenuto del compito che il governo chiede di attuare alle organizzazioni religiose e ai credenti in realtà è ben lontano dall’essere chiaramente definito, e ciò apre spazi per il confronto e l’immaginazione. Rimanere sordi all’invito che è stato rivolto ai cristiani cinesi – per quanto ambiguo possa essere – li metterebbe in una posizione sbagliata, non solo nei confronti del governo, ma anche nei confronti dei cinesi, per i quali il cristianesimo è ancora una religione «straniera». Quali sono allora i settori nei quali si deve tentare un’inculturazione creativa? Il primo settore riguarda la spiritualità e la «teologia spirituale»: resta ancora molto da fare per esprimere, attraverso le risorse spirituali delle tradizioni confuciana e taoista, i modi in cui Dio fa sperimentare agli uomini la sua presenza nella loro interiorità. Un secondo campo di inventiva ha a che fare con l’arte e la letteratura. Di fatto, dopo il 1920 storie e argomenti biblici sono entrati nell’immaginario cinese attraverso l’opera di romanzieri e pensatori. È così che Chen Duxiu, il primo segretario generale del Pcc (poi espulso dal Partito), ricordò ai giovani intellettuali cinesi che il «cristianesimo è la buona notizia dei poveri, e Gesù è l’amico dei poveri». Il terzo modo con cui i cristiani possono entrare ancora meglio in sintonia con la situazione attuale cinese è attraverso la consapevolezza e l’azione sociale. In questo senso, uno degli aspetti più positivi del discorso di Xi Jinping al XIX Congresso nazionale del Pcc è l’accento che egli ha posto sulle disuguaglianze e gli squilibri nella Cina attuale, e quindi gli spazi di azione che esso apre. Su queste tre direttrici, il cristianesimo può certamente diventare più «cinese»; nello stesso tempo, può aiutare la Cina a diventare più aperta e armoniosa.