Sumario: | Nel suo itinerario verso est, dopo la Corea (2014), lo Sri Lanka e le Filippine (2015), Francesco si è recato in Myanmar e in Bangladesh, due nazioni molto diverse ma accomunate da una storia tragica e sanguinosa, in cui popolazioni cattoliche relativamente piccole, mostrano però una vita ecclesiale vivace.
Profezia evangelica e diplomazia: forse così si potrebbe riassumere così il senso di questo viaggio apostolico nel cuore del continente asiatico. Un viaggio difficile che ha mostrato il volto della Chiesa «ospedale da campo», che non è solo una metafora. Spesso è proprio l’ospedale la forma che la Chiesa assume anche in Myanmar e Bangladesh per dare la propria testimonianza.
Nell’itinerario di Francesco nel cuore dell’Asia c’è una dimensione geopolitica, che si intreccia con la questione religiosa. Dialogo politico e dialogo interreligioso, dunque, sono le forme della «cultura dell’incontro» che Francesco predica da sempre. Nello sguardo di Francesco, le piccole comunità cristiane in Paesi che hanno altre maggioranze hanno il valore di «seme» di futuro, con il compito eminentemente profetico di costruire legami e ponti. Non a caso Francesco, nel 2015, aveva creato il primo cardinale originario del Myanmar, Charles Bo, arcivescovo di Yangon; e il 9 ottobre 2016 aveva annunciato la creazione a cardinale dell’arcivescovo di Dacca, mons. Patrick D’Rozario. Francesco è convinto infatti che proprio queste piccole chiese oggi abbiano qualcosa di importante da insegnare alla Chiesa universale.
In Myanmar e Bangladesh, Francesco ha agito per favorire il dialogo tra etnie e religioni, cercando soluzioni costruttive alle crisi. È la chiave della «diplomazia della misericordia» di Bergoglio: non fa cose per pressione mediatica o per acquisire luce positiva, ma fa quel che deve fare per «costruire» ponti e tenere aperte le porte del dialogo. Senza mai negoziare la verità.
Emblematico il caso dei rohingya. In Myanmar ha saputo parlarne – e tanto! – in modo da essere ascoltato senza acuire le tensioni e provocare irrigidimenti e polarizzazioni che avrebbero soltanto complicato la loro situazione. E poi li ha incontrati in Bangladesh, faccia a faccia. In questo senso ha saputo sapientemente coniugare diplomazia e profezia. E ha lasciato sotto i riflettori del mondo per diversi giorni la tragedia di una popolazione perseguitata, costringendo i giornali a parlarne.
Infine, è stato anche un viaggio con «le porte del cuore» aperte alla Cina. Non soltanto per il fatto che il Myanmar confina con quel grande Paese per 2.200 km. Ci sono stati alcuni segnali visibili di questa attenzione reciproca e il Papa stesso non ha nascosto il suo desiderio di un eventuale viaggio che «farà bene a tutti».
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