Sumario: | «È Dio che giudica!» (Sal 50,6). Questa esclamazione del salmista esprime bene quale fosse la convinzione comune degli ebrei al tempo di Cristo. Ma quel che potrebbe sembrare una minaccia, in realtà è una speranza. Il giudizio di Dio non è anzitutto una cattiva notizia, perché la fede in un Dio che vuole la salvezza del suo popolo e, ancor più, ama la vita di tutte le sue creature è radicata sia nel Libro sia nel culto.
Nel Vangelo, Gesù condivide questa convinzione con i suoi interlocutori ebrei. Ma che cosa ci dice Gesù sul giudizio, sulla giustizia e sul giudice?
Gesù chiede anzitutto di dare un giudizio sul presente e nel presente. Il credente potrebbe essere tentato di rimandare al giudizio ultimo di Dio e di sottrarsi all’esigenza di giudicare egli stesso qui e ora ciò che si svolge nel presente. Con le sue parole, poi Gesù invita a giudicare da se stessi, ciò a cui Dio chiama qui e ora. E a giudicare allo stesso modo in cui Dio giudica. Neppure il Messia è venuto per giudicare gli altri. Ricordare che Gesù è il Messia Giudice rischierebbe di far passare in secondo piano la sua missione di Salvatore. Gesù è certo un giusto giudice, ma non è venuto per giudicare.
A questo punto, vi è ancora spazio per giudicare gli altri? Sappiamo che Gesù invita con insistenza a non giudicare il prossimo. D’altra parte, Luca ha voluto precisare subito il «non giudicate e non sarete giudicati», aggiungendo «non condannate e non sarete condannati» (Lc 6,37). Bisognerebbe quindi tener distinto il giudizio che giudica dal giudizio che condanna. Pensiamo alla maniera con cui Gesù si china verso il suolo davanti alla donna adultera.
Sappiamo poi bene che i giudizi che formuliamo sugli altri sono spesso il frutto del giudizio che formuliamo su noi stessi. Quando si tratta di giudicare noi stessi, oscilliamo tra un’indulgenza compiacente e una durezza eccessiva. Gesù ha aiutato i suoi uditori a prendere coscienza di questo divario e li ha invitati a far luce sulla loro vita fondandosi sulla misericordia di Dio. La buona notizia è quindi che non dobbiamo giudicarci e che è proprio il Signore a essere il nostro giudice. Non possiamo però dimenticare che la nostra storia personale e collettiva racchiude una sete di giustizia e resta in attesa di un giudizio. Lo attesa anche tanta letteratura «poliziesca». È solo però contemplando Gesù mentre dialoga con Zaccheo o con la Samaritana che comprendiamo che cosa voglia dire questo giudicare secondo Dio. Senza dimenticare, con Matteo 25 e San Giovanni della Croce, che: «Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore».
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