Sumario: | Il referendum del 25 settembre sull’indipendenza del Kurdistan e delle regioni limitrofe recentemente occupate dai peshmerga curdi, ha dato, come previsto, una schiacciante vittoria (92%) al «sì».
La proposta di referendum – già presente da tempo nell’agenda politica del governo regionale curdo e del suo presidente Masoud Barzani – era stata molto avversata da tutte le potenze regionali che combattono, insieme ai curdi, lo Stato Islamico, cioè dalla Turchia e dall’Iran, nonché dal governo centrale di Bagdad e dagli alleati occidentali. Questi ultimi – in particolare gli Stati Uniti – temono, a ragione, che tale fatto possa nuocere alla lotta comune contro l’Isis, non ancora pienamente sconfitto, e creare nuovi e gravi disordini nel Medio Oriente.
Per comprendere il significato di questo referendum e dell’importanza, sul piano geopolitico della creazione di uno Stato curdo in Iraq, sembra opportuno ripercorrere la storia recente di questo popolo.
In particolare un evento chiave. Dopo lo sfaldamento dell’Impero ottomano, all’indomani della fine della Prima guerra mondiale, quella dei curdi fu la sola etnia o «nazione» alla quale le potenze vincitrici del conflitto non consentirono di costituirsi in uno Stato indipendente e sovrano. Eppure il Trattato di Sèvres del 1920, che ridisegnava la carta del nuovo Medio Oriente, prevedeva la costituzione di uno Stato curdo, come pure di uno Stato armeno. Come mai, negli anni successivi, non si diede esecuzione a questo accordo internazionale?
L’indipendenza del Kurdistan è considerata dunque dai curdi come un «risarcimento» storico e allo stesso tempo come un atto dovuto per l’impegno da loro dimostrato nel combattere lo Stato Islamico. Va però ricordato che, senza il massiccio sostegno militare e logistico di queste potenze, i peshmerga non avrebbero potuto ottenere quelle vittorie sui campi di battaglia di cui vanno tanto fieri.
In ogni caso, il recente referendum è puramente consultivo. I promotori sottolineano che esso è soltanto un primo passo significativo verso l’indipendenza. D’altra parte, la consultazione si è svolta in un clima di divisioni interne e di «immaturità istituzionale» – perché in Kurdistan non vi è una netta separazione tra partiti e Stato – che potrebbe comunque vanificare la vittoria ottenuta. In questo caso, il Kurdistan diventerebbe una semplice pedina in mano alle ambizioni delle potenze regionali, sprecando così un’occasione storica preziosa.
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