Sumario: | In un Angelus domenicale della scorsa estate, papa Francesco ha proposto una breve riflessione sul linguaggio di Gesù, semplice e diretto al cuore; l’opposto, dice il Papa, del linguaggio complicato proprio, per esempio, di una teologia rigida che allontana le persone dal mistero del Regno.
Il discernimento sui due linguaggi è chiaro: quello che mi avvicina direttamente all’amore di Gesù proviene dallo «spirito buono»; quello che mi allontana dall’amore di Gesù proviene dallo «spirito cattivo». Possiamo riscontrare tale «spirito cattivo» anche nei media, quando si servono di discorsi ingannevoli e di un linguaggio semplicistico per attaccare il Papa e la Chiesa. Si tratta infatti di un attacco a entrambi, sebbene qualcuno affermi di attaccare il Papa per difendere la dottrina della Chiesa; come pure altri dicono di difendere il Papa mentre se la prendono con la Chiesa. È proprio con discorsi ingannevoli che i farisei e i dottori della legge cercano, come disse in una sua omelia Bergoglio prima di diventare Papa, di «trovare nella coerenza [di Gesù] delle fessure che consentano di concepire la pietà come un trucco; e allora la sicurezza viene spacciata per fede, il possesso per speranza, l’egoismo per amore».
Avere tutti maggiore cura del linguaggio che usiamo non è dunque meno vitale dell’avere cura della qualità dell’aria del pianeta. Per poter fare questa scelta l’unica via è quella di crescere nel discernimento. In questo ci facciamo aiutare in particolare dall’esperienza spirituale di san Pietro Favre, il gesuita compagno di Ignazio e di Francesco Saverio. Uno dei criteri che possiamo ereditare da Favre è che per «dire la verità» non basta «dire cose vere», ma bisogna dirle con quello spirito di verità che è lo Spirito Santo. Purché poi si voglia davvero che quelle cose aiutino a correggere concretamente un errore o un cattivo comportamento.
Adolfo Nicolás, che è stato Preposito generale dei gesuiti, ha affermato che la parola di papa Francesco è come quella dei profeti: a volte risulta dura o scomoda, ma, se la si accoglie con l’atteggiamento di chi vuole fare un passo avanti, fa sempre bene, un bene concreto; invece, chi si chiude ad essa per difendere qualche suo interesse particolare, indurisce sempre «di più» il suo cuore.
Quando il Papa riceve delle critiche, non c’è bisogno né di difendere lui, né di attaccare i suoi detrattori. È invece importante fare riflessioni che aiutino il cristiano che si sente colpito da tale linguaggio, in modo che possa esaminarlo con sguardo critico e sereno, imparando, soprattutto, a non lasciarsi rubare o affievolire il proprio amore per la Chiesa e per il Papa.
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