Sumario: | La visita di un Papa al Presidente della Repubblica è sempre un momento atteso per la vita del Paese e della Chiesa in Italia. Non solamente per ribadire il valore dell’art. 7 della Costituzione, per il quale «lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani», ma anche per rinnovare lo spirito di collaborazione al servizio del popolo italiano.
La salita al Colle di Francesco dello scorso 10 giugno – la seconda del suo pontificato, dopo quella del 14 novembre 2013 al presidente Napolitano – è la nona visita di un Papa al Quirinale dopo la costituzione della Repubblica.
Nel suo discorso il presidente Mattarella ha definito l’incontro un’«occasione speciale». Due leader morali, l’uno davanti all’altro, che si incontrano in un tempo orfano di testimoni e di figure di riferimento a cui affidarsi e di cui fidarsi. Due modi diversi di intendere il «potere del servizio» e il compito a cui sono chiamati: il primo, il Papa, l’uomo del carisma nell’istituzione; il secondo, il presidente Mattarella, l’uomo dell’istituzione, chiamato a garantire l’unità delle istituzioni. Personalità con storie differenti, ma accomunate da uno stile di vita sobrio e dalla ricerca del bene comune.
I temi affrontati davanti alle rispettive delegazioni sono stati quelli del lavoro, dei migranti, del clima e della costruzione dell’Europa. I due discorsi, a tratti quasi sinottici, sono stati percorsi da un filo rosso: collaborare insieme in favore della coesione sociale.
Al cerimoniale classico è stato aggiunto l’incontro con circa 200 bambini provenienti dalle zone terremotate del Centro Italia. La breve sosta in silenzio nella cappella dell’Annunziata ha richiamato il valore della laicità italiana, che non significa nascondere il proprio credo, ma accogliere e sostenere i segni religiosi nello spazio pubblico per favorire la coesione sociale e l’inclusione.
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