Tempo di post-verità o di post-coscienza

Siamo entrati nell’epoca della post-verità, il tempo in cui «i fatti oggettivi sono meno influenti, nel formare la pubblica opinione, degli appelli a emozioni e delle credenze personali», come ha precisato. Così definisce il termine post-truth, post-verità appunto, l’Oxford English Dictionary, che l...

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Detalles Bibliográficos
Autor principal: Occhetta, Francesco (-)
Formato: Artículo
Idioma:Italiano
Ver en Red de Bibliotecas de la Archidiócesis de Granada:https://catalogo.redbagranada.es/cgi-bin/koha/opac-detail.pl?biblionumber=487117
Descripción
Sumario:Siamo entrati nell’epoca della post-verità, il tempo in cui «i fatti oggettivi sono meno influenti, nel formare la pubblica opinione, degli appelli a emozioni e delle credenze personali», come ha precisato. Così definisce il termine post-truth, post-verità appunto, l’Oxford English Dictionary, che lo ha consacrato «parola dell’anno 2016». Nel tempo della post-verità a pochi importa controllare se una notizia è falsa. Il terreno fertile nel quale la post-verità fiorisce sono soprattutto i social network, in cui si forma il consenso (politico), si alimentano le paure e si consolidano le identità. Ma tutto lontano dai fatti: contano, invece, le emozioni e le credenze. In realtà il linguaggio della post-verità è antico. Negli anni Venti del secolo scorso, quando le istituzioni andavano sgretolandosi e l’autorità non era più riconosciuta come autorevole, la deriva è stata quella dell’autoritarismo. Così la domanda urgente su cui riflettere diventa la seguente: siamo nel tempo della post-verità o in quello della post-coscienza, che non sa più riconoscere e distinguere il vero dal falso e il bene dal male? E poi: è possibile trovare degli antidoti alla post-verità? Per alcuni, si tratta di prevedere una sorta di sceriffo del web che censuri il falso. In questo modo però si comprimerebbe il principio inviolabile del diritto di espressione e si aprirebbe una grossa faglia per le democrazie. Le istituzioni devono invece investire sulla formazione, per far sì che il cittadino abbia seri criteri di valutazione per distinguere le notizie. Perché la possibilità di abitare il tempo della post-verità come uomini morali si apre – ma anche si chiude – all’interno di ciascuno. Come diceva Mounier, parafrasando Peguy: «La rivoluzione o sarà spirituale o non sarà». Inoltre ci chiediamo: è ancora possibile, di fronte all’eclissi della coscienza sociale, che l’unica vedetta siano i giornalisti? Il Papa, nel suo realismo, sa che le notizie vere crescono insieme a quelle false. Nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali di quest’anno ricorda che «già i nostri antichi padri nella fede parlavano della mente umana come di una macina da mulino che, mossa dall’acqua, non può essere fermata. Chi è incaricato del mulino, però, ha la possibilità di decidere se macinarvi grano o zizzania. […] sta a noi decidere quale materiale fornire». Si tratta dunque per gli operatori della comunicazione di una scelta libera, consapevole e responsabile.