Sumario: | Quando, il 21 settembre 2014, papa Francesco arrivò a Tirana per la sua visita pastorale di un giorno in terra d’Albania, lungo il grande viale centrale della città, dedicato agli «Eroi della nazione», venne accolto da 38 grandi immagini fotografiche che pendevano dall’alto. Erano i volti delle persone di cui il 26 aprile 2016 egli avrebbe firmato il decreto che ne riconosceva il martirio, aprendo così la via alla beatificazione (avvenuta poi il 5 novembre): due vescovi, ventuno sacerdoti diocesani, sette frati minori, tre gesuiti (di cui due sacerdoti e un fratello), un seminarista e quattro laici, fra cui una donna. Si tratta delle vittime della durissima persecuzione attuata dal regime comunista albanese contro la Chiesa cattolica nel secolo scorso, dopo la Seconda guerra mondiale.
La persecuzione religiosa in Albania ha visto due tappe principali: quella seguita all’instaurazione del regime comunista alla fine della Seconda guerra mondiale, e poi quella iniziata nel 1967, anno della proclamazione, da parte di Hoxha, della lotta contro la «superstizione religiosa». Non fu perseguitata solo la Chiesa cattolica, ma i dati complessivi sulla persecuzione del clero cattolico albanese sono impressionanti.
Nei due poderosi volumi (oltre 1.070 pagine) che riproducono le biografie contenute nella Positio della causa di beatificazione, redatta dal compianto p. Leonardo Di Pinto, tra gli orrori delle torture e la crudeltà delle esecuzioni, spiccano le commoventi testimonianze di fede, carità e perdono dei martiri. Risulta in particolare evidenza l’unica, splendida, figura femminile: Marije Tuci, morta a 22 anni, il 24 ottobre 1950, dopo essere stata rinchiusa nella sede del Seminario francescano di Scutari, trasformato in carcere dal Sigurimi (la polizia segreta), e sottoposta a estenuanti interrogatori e terribili torture.
I 38 martiri sono una rappresentanza qualificata dei cattolici perseguitati dal regime, e soprattutto del clero, che come detto fu particolarmente preso di mira. Questo ci hanno ricordato in particolare le due nomine cardinalizie di superstiti della persecuzione: quella compiuta da Giovanni Paolo II nei confronti di don Mikel Koliqi nel concistoro del 1994; e quella compiuta da papa Francesco nel novembre del 2016 nei confronti di don Ernest Simoni (Troshani), che il Pontefice aveva conosciuto e abbracciato piangendo dopo la sua emozionante testimonianza nella cattedrale di Tirana, proprio quel 21 settembre 2014.
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